Baliste e carrobaliste

Dal latino ballista, dal greco ballistēs, da ballo "lanciare", la balista è stata una macchina d'assedio inventata dai Greci e perfezionata dai Romani. Fu impiegata, soprattutto negli assedi, per lanciare giavellotti, pietre, frecce, dardi infuocati o palle di piombo, usufruendo di un arco di grandi dimensioni.

Le prime baliste furono di legno, tenuto da lastre e chiodi di ferro, con un cursore in alto, in cui venivano caricati i bulloni o le pietre. La struttura della balista era mobile, entro certi limiti, sia nel piano orizzontale che in quello verticale, in modo tale che il lancio del proiettile poteva essere orientato. L’arco della balista era costituito da due aste di legno, fissate a un telaio posto su un cavalletto.

Le due aste tenevano due fasci di fibre intrecciate, fatte di tendini di animale, che fungevano da propulsore, essendo tese al massimo. I perni di bronzo o ferro, che assicuravano la torsione delle corde, erano regolati da perni e fori periferici, che potevano essere regolati a seconda delle necessità. Una robusta corda, agganciata alle due aste, veniva tesa e fissata all’ estremità di un carrello mobile, trattenuta da un grilletto. Il giavellotto, o qualunque altro oggetto da scagliare contro il nemico, era collocato in una scanalatura del carrello, cosi che, sganciando di colpo dal perno la corda tesa dalle due aste, veniva spinto violentemente in avanti.

La sua portata massima era di oltre 460 m, ma il raggio di precisione molto meno: un giavellotto o dardo fino a 350 m; una pietra di 800 g. fino a 180 m.

La leggerezza dei colpi della Ballista non ha avuto il successo delle pietre gettate dagli onagri, trabucchi, o mangani nei secoli successivi, pesanti dai 90 ai 135 Kg.

Quest’arma fu utilizzata da Giulio Cesare durante la conquista della Gallia e per la conquista della Britannia: durante l'assedio di Alesia in Gallia (vedi articolo “Alesia, l’ultimo passo per la conquista della Gallia”), nel 52 a.c., Cesare l'aveva quasi completamente circondato la città assediata da 14 miglia (21 km) di trincea riempita di acqua deviata dal fiume locale, una palizzata di legno con torri e infine un'altra serie di palizzate e trincee per proteggere l’esercito da eventuali forze galliche in soccorso degli assediati. All'esterno aveva fatto collocare tante piccole baliste sulle torri, oltre ad altre truppe armate con archi o fionde. Dopo Giulio Cesare, la balista diventò permanente nell'esercito romano e costantemente migliorata dagli ingegneri militari.

Si sostituirono le parti in legno col metallo, creando una macchina più piccola e leggera, capace di una potenza maggiore, dal momento che il metallo non si deforma come il legno, e richiede meno manutenzione, anche se vulnerabile alla pioggia. Lo storico romano Ammiano Marcellino (IV sec. d.C.) ricorda che si trattava di macchine da lancio atte al lancio dei giavellotti. I dardi potevano risultare di piccole dimensioni (20–22 cm) fino a raggiungere quasi i due metri, come gli stessi giavellotti. La loro gittata stimata era di 350 m circa.

La balista, pur avendo principi analoghi anche in termini di costruzione a quelli delle catapulte, fu progettata per il lancio di pietre o massi pesanti (fino a oltre 45 kg), non invece per tiri di precisione. Flavio Giuseppe, scrittore e storico romano, narra dell'assedio di Gerusalemme in cui un proiettile in pietra del peso di un talento (33 kg) fu lanciato ad oltre due stadi di distanza (377 m).

Sempre Flavio Giuseppe, nel raccontare l'assedio di Iotapata ricorda episodi terribili:

«tra gli uomini che si trovavano sulle mura attorno a Giuseppe un colpo staccò la testa facendola cadere lontano tre stadi. All'alba di quel giorno una donna incinta, appena uscita di casa, fu colpita al ventre e il suo piccolo venne scaraventato a distanza di mezzo stadio, tanto era la potenza della balista. Tutto il settore delle mura, dinanzi al quale si combatteva, era intrinso di sangue, e lo si poteva scavalcare attraverso una scalata sui cadaveri.»

(Giuseppe Flavio, La guerra giudaica)

La carrobalista, invece, era una macchina da lancio posta su un apposito carro a due ruote, trainato da cavalli, impiegata sia negli assedi che nelle battaglie campali in quanto facilmente spostabile durante la battaglia.

L'uso della macchina era basato sull'elasticità dei materiali e la tensione delle corde, esattamente come l'arco, la balista, lo scorpio, la catapulta e l'onagro. Si sa che venne introdotta nel I sec. a.C., ed appare come un'evoluzione della balista, che poteva essere montata su un carro trainato da muli.

La carrobalista sfruttava la potenza di ampie molle di bronzo per sparare lunghe frecce oppure "ghiande" di piombo (proiettili cosiddetti per la forma a ghianda). Era manovrata complessivamente da 11 uomini ed era costituita da quattro parti principali: il calcio dove si trovava il congegno di scatto, il telaio dove erano le corde e i bracci di metallo, un sostegno e il carro. Una vite di puntamento consentiva di alzare o abbassare la traiettoria dei dardi.

Venne largamente utilizzata dall'imperatore Traiano, prima contro i Daci di Decebalo, come si vede nella Colonna Traiana, e poi in Mesopotamia contro i Parti. Le carrobaliste furono usate dalle centurie, con 1 carrobalista manovrata da undici uomini, ed alla legione con 55 carrobaliste e 10 onagri.