Urbs Salvia, la città della salute
Nei dintorni di Macerata sorgeva l’antica città di Urbs Salvia, dedicata alla dea Salus. Nonostante i secoli di abbandono, ne restano ancora tracce importanti, in uno dei parchi archeologici più ricchi d’Italia.
Nel verde dell’entroterra marchigiano, a pochi chilometri da Macerata, sorge il Parco archeologico di Urbs Salvia, città romana fondata come colonia nel II secolo a.C., ma divenuta importante in età augustea. Proprio in quell’epoca, l’antica Pollentia (questo il nome originario dell’insediamento), posta sulla via Salaria-Gallica che univa Ausculum (l’attuale Ascoli Piceno) alla via Flaminia (che metteva in comunicazione Roma con la costa adriatica), venne sottoposta a un’importante ricostruzione e ribattezzata Urbs Salvia.
Nome curioso, se si considera che nella tradizione romana il titolo di urbs era riservato agli insediamenti la cui fondazione era accompagnata da cerimonie religiose durante le quali si tracciava il solco sacro attorno a cui sarebbero state poi erette le mura. presenta tracce di intonaci dipinti. Edificato a partire dal 23 d.C., si appoggia alla collina retrostante sviluppandosi su tre ordini di gradinate, in cima alle quali si trovava un tempietto. Altrettanto importante è il tempio a portico chiuso dedicato alla dea Salus. Sorge presso la via Salaria-Gallica, strada principale della città. La struttura sacra è seminterrata, divisa in navate, ed era completamente affrescata. Molte pitture sono ancora visibili e riproducono scene di caccia, trofei militari, maschere e bestie esotiche. Salvia si ricollegherebbe al culto della dea Salus, divinità della salute personale e pubblica, legata alla presenza di acque dotate di virtù medicamentose. In età imperiale, e in particolare alla fine del I secolo d.C., il centro raggiunse il suo massimo splendore, grazie anche alla munificenza di cittadini facoltosi che la abbellirono con edifici da essi stessi finanziati. La città decadde nel V secolo, forse in conseguenza delle discese barbariche in Italia, ma ancora in epoca bizantina (attorno al VI secolo) risultava abitata, sebbene destituita d’importanza. In seguito, i suoi abitanti si trasferirono sul non distante Colle di San Biagio, dando origine al centro abitato di Castro de Orbesallia, nucleo dell’attuale Orbisaglia. Oggi il Parco archeologico si distende su una superficie di 40 ettari. Urbs Salvia, come simbolo dell’inevitabile decadenza degli insediamenti umani, è ricordata anche da Dante nella Commedia in un passo del Paradiso, dove scrive:
«Se tu riguardi Luni e Urbisaglia / Come son ite e come se ne vanno / Di retro ad esse Chiusi e Sinigaglia»
«Considera la fine che hanno fatto Luni e Urbisaglia e quella che, parimenti, è toccata a Chiusi e Senigaglia».
Riscoperto nel XVIII / XIX secolo, a partire dal 1995 il sito è sede di regolari campagne di scavo da parte degli archeologi dell’Università di Macerata.
Tra i monumenti meglio conservati spicca il teatro, costruito su una terrazza leggermente sopraelevata. È uno dei più grandi d’Italia e Altri edifici notevoli sono l’anfiteatro di fine I secolo, che poteva accogliere più di 5.000 spettatori, e due monumenti funerari a forma di torre, eretti fuori dall’abitato, nel rispetto della tradizione funebre romana.