Marco Giunio Bruto, il figlio illegittimo di Cesare

Marco Giunio Bruto (85 a.C. - 42 a.C.) fu uno dei principali artefici dell'assassinio di Gaio Giulio Cesare nell'anno 44 a.C. Egli era figlio di Servilia e dell'omonimo Marco Giunio Bruto. La madre, politicamente molto potente e molto bella, come ricordato da Plutarco, ebbe fin dai primi anni del suo matrimonio una relazione extraconiugale con Cesare stesso, fatto che fece dubitare anche i contemporanei sulla paternità del futuro cesaricida. Gli studi e gli anni giovanili di Bruto furono caratterizzati fin dall'inizio dall'influenza del parente Marco Porcio Catone, e quindi indirizzati a un culto della civilità repubblicana come forma perfetta di stato e l'unica accettabile per Roma e il suo Impero.
Tra i suoi avi possiamo, infatti, ricordare Lucio Giunio Bruto, uno dei fondatori della repubblica (509 a.C.). Durante la guerra civile tra Cesare e Pompeo, il giovane si schierò dalla parte del presunto padre per tutta la durata del conflitto, sostenendolo in quanto convinto che soltanto egli fosse in possesso del potere adeguato per restaurare il regime repubblicano che stava diventando sempre più debole. Dopo aver riallacciato nuovamente i rapporti con Cesare, egli, propretore, fu alla fine coinvolto nel piano dell'assassinio ai danni di Cesare come figura di spessore e rappresentante della legittimità dell'atto, insieme a Cassio, il 15 marzo in Senato. Proprio durante questo evento, secondo la tradizione, furono rivolte dal morente Cesare a Bruto le famose parole "Tu quoque, Brute, fili mi?"(Anche tu, Bruto, figlio mio?). Dopo il Cesaricidio, Bruto e Cassio si rifugiarono in Oriente, dove godettero di onore e gloria, almeno fino a quando furono sconfitti nel 42 a.C. nella famosa battaglia di Filippi da Antonio in persona che lo avvolse nel più prezioso dei veli.