Il Circo Massimo, una struttura colossale

Accanto al Colosseo, il Circo Massimo fu uno dei luoghi simbolo di quelli che, associati al “panem et circenses” , costituivano l’attrazione principale dei cittadini di Roma: con annessi pericoli e giri di scommesse.

Di quello che fu il più grande impianto sportivo della romanità, il Circo  Massimo,  restano  ormai  solo poche vestigia: la fossa dentro cui correva la pista e i fianchi inclinati dove trovavano posto le gradinate. Eppure, all’epoca del suo splendore, con i suoi 620 m di lunghezza e 140 m e oltre di larghezza, era un edificio a dir poco colossale, dentro il quale si svolgevano alcuni degli spettacoli più apprezzati dal pubblico del tempo: le corse dei cavalli.

Le prime strutture dell’impianto destinato a diventare, nel corso dei secoli, il Circo Massimo, pare siano state costruite all’epoca del re Tarquinio Prisco, a cavallo fra il VI e il VII secolo a.C. Doveva trattarsi di strutture mobili, in legno, già installate nella valle Murcia, tra i colli Palatino (a nord) e Aventino (a sud): la stessa spianata dove, secondo la tradizione, si sarebbero svolti i giochi durante i quali i compagni di Romolo avrebbero perpetrato il ratto delle vergini sabine. A quanto pare, era già un luogo destinato alle corse di cavalli, una delle quali si svolgeva al termine della stagione di guerra, in autunno, a scopo rituale. In quell’epoca, i Romani si ingraziavano gli dei sacrificando il cavallo vincitore, con il cui sangue si purificavano le mura cittadine.

Le prime strutture stabili del Circo vennero innalzate alla fine del IV secolo a.C. In origine, la pista era rappresentata dal semplice fondo della valle, mentre gli spettatori si disponevano sui pendii che ne delimitavano i lati. Il percorso delle gare era segnato da due mete di legno, di forma conica. Quella occidentale, chiamata meta prima, si trovava davanti alla fossa ricoperta di terra in cui era stato sepolto l’altare del dio Consus (divinità del seme del grano), che veniva scoperto solo due volte all’anno. Nel 329 a.C., dalla parte opposta rispetto alla meta prima, furono costruite scuderie (carceres) in legno, dove trovavano posto i cavalli e tutto il materiale necessario all’allestimento delle corse. Più o meno nella stessa epoca, le due mete furono collegate da un terrapieno, la cosiddetta spina, sopra cui vennero posizionate le statue di alcune divinità. Vi furono poi installate le septem ova, gigantesche uova di legno che indicavano agli spettatori i giri di pista già percorsi. Ma fu nel I secolo a.C. che il Circo cominciò ad assumere l’aspetto grandioso che lo rese celebre. Cesare, nel 46 a.C., fece allungare l’arena ai due estremi, edificò carceres di tufo e fece spianare una collina per realizzare 150 mila posti a sedere. Nel 33 a.C., alternati alle sette uova in legno, furono piazzati sette delfini di bronzo, anch’essi con lo scopo di segnalare i giri di gara. Pochi anni dopo, Augusto fece collocare al centro del circo l’obelisco di Ramses II, trafugato a Eliopoli. Inoltre, sul lato nord, dalla parte del Palatino, fece costruire un palco d’onore, il pulvinar, a cui avevano accesso lui e la sua famiglia. L’imperatore Claudio fu il primo a erigere gradoni in pietra al posto di quelli in legno, che più di una volta avevano rischiato di crollare sotto il peso del pubblico. Sempre Claudio sostituì le mete di legno con altre di bronzo dorato, e fece ricostruire i carceres in marmo. Dopo il grande incendio del 64 d.C., Nerone restaurò l’intero impianto, ingrandendo la pista e aggiungendo altri posti per il pubblico. Inoltre, allargò il terrapieno della spina in modo che vi potessero trovare posto fontane con giochi d’acqua, i cui getti sgorgavano dai delfini di bronzo. All’epoca di Traiano, a cavallo tra I e II secolo, si assistette all’ultimo allargamento della cavea, che portò l’impianto alle sue dimensioni massime, con tre ordini di gradini per il pubblico: il primo con posti a sedere di pietra, il secondo con sedili di legno, il terzo con soli posti in piedi. Secondo alcuni documenti, i posti raggiungevano i 385 mila, numero che pare eccessivo, ma di certo non erano meno di 250 mila.

La spina, lunga 214 m, determinava il circuito delle gare che si svolgevano nel circo, la cui larghezza, variabile tra gli 87 m della meta prima e gli 84 m della seconda, rendeva le competizioni ancora più impegnative. Su un estremo della pista c’era un arco di trionfo a tre fornici, sull’altro le stalle, dove cavalli e fantini aspettavano il momento di raggiungere la linea di partenza. Un giro di pista completo, comprese le curve, misurava oltre 500 m e ogni gara (missus) si svolgeva sulla lunghezza di 7 giri (spatia). Questo, perlomeno, finché il numero delle corse divenne talmente alto da costringere gli organizzatori a ridurre ogni gara a 5 giri: se sotto Augusto si correvano circa 12 corse per ciascuna giornata di giochi, all’epoca degli imperatori Flavi le gare salirono a 100 al giorno. Sulla pista si svolgevano semplici corse di galoppo, ma anche di bighe, trighe, quadrighe e perfino di carri trainati da dieci cavalli, il cui controllo era complicatissimo.

Il via era segnalato da uno squillo di tromba, quando il console o il pretore che presiedeva i giochi gettava in aria un drappo bianco. Normalmente le gare di quadrighe impegnavano quattro equipaggi, uno per ciascuna delle factiones (scuderie) principali (in totale erano 12): i Bianchi, i Verdi, gli Azzurri e i Rossi. Ciascuna di esse aveva propri aurighi, spesso contesi a peso d’oro, e tutto il personale necessario: allenatori, veterinari, sellai, ecc. Casco in testa e frusta in mano, i conduttori dei carri affrontavano le corse con sprezzo del pericolo, specie quando si trattava di superare le mete, che si trovavano sempre alla loro sinistra (si correva in senso antiorario): affrontarle avventatamente poteva provocare incidenti, anche mortali, mentre prenderle troppo alla larga causava inevitabili perdite di tempo e una sconfitta quasi certa. Perdere era rischioso, considerando che attorno alle gare si sviluppava un ingentissimo giro di scommesse, a cui partecipavano anche gli stessi imperatori. E non mancarono casi di aurighi fatti addirittura uccidere. Il Circo Massimo, in cui si svolgevano anche le naumachie, ossia le battaglie navali, fu utilizzato fino al VI secolo d.C.

A organizzare le ultime gare che vi si svolsero fu il re ostrogoto Totila, nel 549 d.C., quando riuscì a entrare a Roma, vincitore al terzo assedio. Una volta abbandonato, il Circo fu smantellato nel corso del tempo. In epoca medievale, sul lato sud fu edificata una torretta, appartenuta alla famiglia Frangipane e, nell’Ottocento, il Circo divenne addirittura un’area agricola.