Giuliano l'Apostata ad Argentoratum

In questo articolo tratteremo una battaglia che permise, con il suo esito, di posticipare di un centinaio di anni la perdita della Gallia come provincia imperiale: ossia la battaglia di Argentoratum (l’odierna Strasburgo) nel 357d.C.

In questa città di frontiera si scontrarono 13 mila Romani al comando dell’allora Cesare Giuliano in seguito conosciuto come l’imperatore Giuliano l’Apostata e gli Alemanni, una potente confederazione di tribù germaniche guidate dal loro re Cnodomario che disponeva di circa 35 mila uomini.

A questo punto è necessaria una breve parentesi su quale fosse l’organizzazione dell’esercito romano tardo-imperiale. Esso si componeva di due principali elemento:unita comitatensi formate perlopiù da cavalleria pesante (catafratti e arcieri), e limitanei che vigilavano la frontiera respingendo incursioni locali e di modesta entità; nei casi più gravi intervenivano le unità comitatensi, queste essendo veloci, potenti e dotate di notevole potenza d’urto consentivano di stroncare sul nascere tentativi di invasione su più larga scala. Ad integrare questa strategia vi era poi secondo questo schema un progetto di difesa in profondità, imperniato su fortificazioni con depositi di viveri munitissimi che costringevano le forze invasori a dividersi per cercare cibo e così le rendevano più facilmente vulnerabili all’inevitabile contrattacco romano che le avrebbe colte affamate e disperse.(vedi articolo "L'esercito tardo-imperiale")

In generale, poi, si deve ricordare come l’esercito romano dopo le riforme di Diocleziano e Costantino consisteva di circa 60 legioni, forti ognuna di circa 1000 uomini, evidenziando così l’enorme differenza con la struttura militare precedente. Queste unità (comitatenses e pseudocomitatenses) tuttavia erano estremamente mobili e adatte ad una guerra di movimento, e tali quindi da fronteggiare efficacemente le innumerevoli razzie e guerre su più larga scala che nel periodo tardo-imperiale erano così frequenti; erano anche coadiuvate da legioni limitanee così dette perché vigilavano staticamente il limes ovvero la frontiera.

In una situazione così delineata,caratterizzata da continue e ricorrenti crisi economiche e politiche, da un impoverirsi del reclutamento militare basato ormai su forti aliquote di barbari si inserisce dunque la battaglia di Argentoratum.

Il preannuncio di questa battaglia era stata una vigorosa campagna condotta dal Cesare Giuliano contro le orde di Alemanni e Franchi che avevano infranto il limes più volte, occupato importanti città e portato una devastazione generale in tutta la provincia gallica. Giuliano si accinse a porre rimedio a questa situazione con marce di sorpresa ,azioni d’assedio e blitz continui contro gli insediamenti barbari (famoso quello condotto contro delle isole boscose che sorgevano sul Reno, intensamente abitate da barbari e assolutamente devastate con un fulmineo blitz compiuto da truppe armate alla leggera), ed infine si era trovato di fronte in un momento di difficoltà logistiche: ben 35000 Alamanni guidati dal loro re Cnodomario. Essi, grazie a dei disertori romani, erano ben consapevoli di trovarsi davanti solo 13000 soldati ed erano di conseguenza scesi in campo fiduciosamente, pensando ad una schiacciante vittoria grazie anche alla preponderanza del numero; ben diverso fu però l’esito.

Uno sguardo ai condottieri delle parti avverse consente di evidenziare due personalità piuttosto rilevanti: il comandante romano è Flavio Claudio Giuliano detto l’Apostata, nipote di Costantino il Grande era sfuggito alla strage dei parenti avvenuta alla morte di quest’ultimo vivendo ritirato, finchè dopo varie peripezie venne nominato Cesare e spedito sulla pericolosa frontiera gallica dove, senza aver ricevuto alcun tipo di addestramento militare, conseguì ottimi risultati arginando varie incursioni barbare battendo gli Alemanni nella battaglia di Argentoratum e trovando la morte in una scaramuccia contro i Persiani sulla frontiera orientale, avendo raggiunto incontrastato il rango di Augusto e unico imperatore.

Avversario di Giuliano era Cnodomario re degli Alemanni,di lui si hanno scarse notizie a parte il fatto che era molto corpulento, aveva dato buona prova di sé contro diversi comandanti imperiali inviatigli contro anche con forze superiori alle sue.

Venendo alla battaglia vera e propria, lo schieramento romano consisteva in una linea di fanteria piuttosto profonda con ai fianchi la cavalleria, i barbari si schierarono, invece, con una formazione a cuneo, concentrando tutta la loro cavalleria e truppe armate alla leggera sulla loro sinistra a fronteggiare i temibili reparti di catafratti romani (cavalleria pesantemente corazzata) disposti sulla destra dello schieramento romano.

Le due parti, dopo essersi scambiate le grida di guerra e un fitto scambio di giavellotti, vennero a contatto mentre sulla sinistra l’ala romana avanzò piuttosto decisamente, sull’ala destra i catafratti vennero limitati dalla carica della cavalleria nemica, parte della quale addirittura smontata insieme alla fanteria leggera, aveva respinto i catafratti romani in disordine sulle legioni del centro.

Queste per fortuna, dopo aver formato un impenetrabile muro di scudi, erano rimaste compatte e ordinate non lasciandosi disperdere dalla cavalleria in ripiegamento ed avevano sostenuto l’urto del nemico, particolarmente le legioni dei Cornuti e Bracchiati, unità veterane e di confermato valore.

La linea del fronte ondeggiava avanti e indietro sotto la spinta delle varie unità e sebbene il valore dimostrato dalla fanteria romana fosse notevole, la superiorità numerica del nemico stava facendo sentire il suo peso finché Giuliano si diresse verso i catafratti romani e dopo non pochi sforzi riuscì a ricompattarli di nuovo mandandoli alla carica e così alleggerì la pressione centrale da parte dei barbari. Questi, vistisi ad un passo dalla vittoria, rinnovarono la battaglia per crollare definitivamente sotto l’impeto di due legioni tenute di riserva da Giuliano: i Batavi e i Reges.

Da segnalare nella fase finale della battaglia l’impresa disperata di un gruppo di nobili Alemanni che con il loro seguito di guerrieri serrarono lo schieramento e si gettarono nel folto della schiera romana,riuscendo ad aprirsi un varco fino alla legione dei Primani dove vennero definitivamente falciati.

A questo punto gli Alemanni non ressero più l’incalzare dei Romani e fuggirono disordinatamente ostacolati, però, da un corso d’acqua che scorreva alle spalle del loro schieramento venendo presi alle spalle e in impossibilità di movimento letteralmente fatti a pezzi. L’epilogo della battaglia vede il re Cnodomario e 203 suoi fidati seguaci catturati poco distanti dal luogo della sconfitta. Il numero dei caduti, con il beneficio del dubbio, riporta la morte solo di 243 Romani e 4 alti ufficiali a fronte di 6000 perdite barbare.

Con questa battaglia la Gallia, almeno per un po’, fu riappacificata, il momento della sua separazione dall’Impero venne rinviata, consentendo al processo di latinizzazione di continuare più profondamente influenzando lo stile di vita barbaro e consentendo di creare, con il tempo, uno dei primi stati nazionali: la Francia.