La dea Strenia e l'origine della Befana

I riti dedicati alla dea Strenia, antica divinità italica di probabile origine sabina, hanno dato vita a una tradizione ancora viva: quella dello scambio di doni durante le feste del solstizio invernale.

La Via Sacra era l’asse stradale che attraversava il Foro Romano. Era stata chiamata così perché Romolo e Tito Tazio, re dei Sabini, vi avevano stipulato il trattato di pace tra i due popoli dopo l’episodio del Ratto delle Sabine. Ai margini della via sorgeva un boschetto sacro, dedicato alla dea Strenia: una divinità di origine sabina (a volte chiamata anche Strenua) che simboleggiava il nuovo anno, la prosperità e la fortuna del popolo e dei singoli cittadini. Oltre al boschetto sacro (lucus), alla dea era dedicato anche un altare (sacellum).

I reali contorni di questo nume e i suoi attributi specifici rimangono misteriosi, come accade spesso nel caso delle divinità arcaiche, di cui gli stessi Romani persero presto il senso originario. È probabile che, all’atto del trattato di pace, si fosse deciso di dedicare un boschetto alla dea come buon auspicio per la prosperità dei due popoli unificati. Si trattava di un bosco di alloro o lauro, pianta sempreverde legata all’idea di prosperità e gloria, come indicavano le corone di lauro poste sulla testa dei poeti in omaggio alla loro sapienza e illuminazione spirituale (per questo venivano detti “poeti laureati”). Poco si sa anche del significato del nome della dea, che forse in lingua sabina significava “salute”. Certo è che in suo onore avveniva una cerimonia di scambio di doni all’inizio dell’anno: il 1° gennaio (il 1° marzo in epoca arcaica, quando il calendario era formato da soli dieci mesi) o nei giorni immediatamente precedenti. Pare che il primo a fare questi doni sia stato proprio Tito Tazio, che nel bosco di Strenia colse foglie d’alloro da regalare ai concittadini, che le affissero agli usci di casa come segno di buon augurio. Altri racconti associano il rito dei regali a Romolo, che per primo ricevette dai suoi concittadini una corona di lauro, in segno d’onore e di riconoscenza. Ma le foglie o le frasche di alloro (pianta sacra anche al dio Apollo, che rese l’arbusto sempreverde quando l’amata Dafne, per sfuggire alle sue brame, chiese ai numi che la privassero della sua straordinaria bellezza) non erano i soli regali scambiati in quei giorni: si donavano anche mele e fichi, spesso usati come ornamenti per arricchire le frasche di piante sempreverdi, come facciamo oggi con il nostro albero di Natale. Il primo giorno dell’anno, una processione benaugurante partiva dal bosco di Strenia e percorreva la Via Sacra. Da Strenia ebbe poi origine il nome “strenna”, dato ai regali che ci si scambia nel periodo di fine anno. Alla figura benevola della dea può essere associato, in qualche modo, anche l’immaginario legato alla Befana (salvo il fatto che questa viene rappresentata vecchia, per simboleggiare l’anno che finisce), così come un’altra tradizione festiva del periodo invernale che pare richiamare il suo nome e i rituali legati alla divinità: quella delle “strine”, le processioni di canti augurali eseguite nel periodo natalizio in Calabria, Sicilia, Puglia e in tutto il Mezzogiorno.